Oggi mi sento come se tutti avessero qualcosa da dire. Ed io, nel frattempo, non ho nulla da dire.
Onestamente non me ne vergogno. Mi sento un filo d’erba. Resto qua e vivo il mio sogno, il mio sogno fatto di dubbi, di sviluppi, di qualcosa che non so definire. Il mio sogno fatto di me che provo a restare autentica in una società che ti vuole vedere correre, una società che ti vuole commentare. Devi essere al top, essere smart, essere tutto alla potenza di tutto. Ed io, nel frattempo, non ho nulla da dire.
Costante, martellante, pedante necessità di avere sempre qualche cosa da mostrare, perché altrimenti chissà se esisti, altrimenti è come se non conti, altrimenti non sanno chi sei e allora, forse, anche tu non lo saprai mai. Ed io, nel frattempo, non ho nulla da dire.
Ci sono tante rivoluzioni in corso, in questa epoca, in questo pezzo di storia. Finora su questa terra abbiamo giocato a fare la guerra, ognuno si è preso donne, bambini, popolazioni e foreste intere, un confine, un mercato e guarda il risultato. Ed io, nel frattempo, non ho nulla da dire.
Per salvare il salvabile vorrei chiedere ai veri potenti, quelli che fanno girare i soldi, quelli che alla fine decidono per tutti, di mettersi una mano sulla coscienza e di agire per il bene comune, un bene a lungo termine. Vorrei chiedere al Papa di stanziare più soldi per l’uguaglianza universale, perché altrimenti io non comprendo come si possa predicare Dio dall’alto di un trono mentre c’è chi muore senza aver scoperto che la vita è un dono. Vorrei chiedere ai politici di ritirarsi, se il loro scopo è quello di salvarsi la faccia, la carriera perché la politica è una missione, come fare il dottore, l’insegnante, il ricercatore. La politica è una cosa seria. Qualcuno diceva che il potere è cosa per filosofi, forse non aveva tutti i torti, forse aveva ragione. Io non so come facciate voi, voi che tirate le fila, ad andarvene a dormire tranquilli, sapendo che potevate fare di più, sapendo che con tutti quei soldi al sicuro, invece di finanziare guerre, avreste potuto sfamare un continente intero. Lo avreste potuto fare, sul serio. Ed io, nel frattempo, non ho nulla da dire.
Sento una società ricca di disuguaglianza e rabbia repressa. Una società che ha bisogno di riscoprire l’essere umani, sgretolare lezioni frontali, voti banali, competizioni paradossali, perfezioni inesistenti, lavori alienanti, truffe svilenti, violenze aberranti. Sento la tecnologia correre a mille all’ora mentre una parte di umanità regredisce e un’altra parte prova a correre ancora più forte per salvare il salvabile, per creare nuove radici, radici dove i bambini siano liberi di sperimentare, radici dove i giovani si sentano sicuri di crescere, essere, volare. Ed io, nel frattempo, non ho nulla da dire.
Vorrei capire come si fa, dal basso, da dove sono io, a fermare questo tsunami in corsa, che ci obbliga ad annaspare tra milioni di sirene che si dimenano per restare. Nonostante gli squali. Restare per vivere. Vivere semplicemente. Essere semplicemente. Ed io, nel frattempo, non ho nulla da dire.
Vorrei avere sempre qualche cosa da dire, qualcosa di bello, di comodo, di vendibile. Ma io sento che c’è tanto lavoro da fare. A volte vorrei essere un albero, una quercia con rami enormi. A volte vorrei essere un salice piangente e accasciarmi al suolo, inerme, consapevolmente impotente. A volte vorrei essere solo un filo d’erba, sperare che mi basti. La verità è che non mi basta niente. Mi piacerebbe solo sentire che il nuovo anno sia pronto per nuove radici, radici più umane, radici più libere, radici che possano regalarci fluidità, autenticità, radici che sappiano abbracciare. Ma se devo essere completamente sincera, io, ancora, non le sento pronte. Non le sento vere. Ed io, nel frattempo, non ho nulla da dire.
Sento rivoluzione, stanchezza del vecchio, sento tante menzogne decadere, sento le certezze sgretolarsi, sento il terreno che ci hanno costruito e venduto come vero, dissolversi. Sento che c’è bisogno di nuovo, di fresco, di libero, di vero. Sento tutto questo dentro, ma vorrei sentire nel corpo radici, radici che ti abbracciano, radici che ti indicano sempre la direzione più importante. Ed io, nel frattempo, non ho nulla da dire.
La direzione più importante me la sussurrò un giorno all’orecchio una persona molto giovane, giovane di occhi, giovane di cuore: “L’amore universale“. Me lo disse con le lacrime sul viso, il respiro sofferente, il petto curvo, dolorante. Me lo disse con una voce che aveva bisogno di speranze. Le speranze di un adolescente. Siamo qui a costruire su pezzi di macerie una società nuova, dove tu possa volare libera, dove tu possa sentirti libero, dove tu possa essere ciò che vuoi, quando vuoi, anche quando non sai che cosa vuoi davvero. Ed io, nel frattempo, non ho nulla da dire.
So che cosa prova chi non si sente un filo d’erba, chi non si accontenta, chi si sente responsabile di qualcosa di importante, di quella stessa società alla quale spesso non ti senti appartenente. Chi si sente un abisso dentro, ma non lo sa esprimere, chi si sente tanta energia ma se la vede reprimere, chi vorrebbe semplicemente essere sé stesso, senza troppi “dovresti” o “sarebbe meglio se tu facessi”, chi vorrebbe sparire e non sentire più tutti quei “dovresti”, chi vorrebbe tanto sentirsi un filo d’erba, ma non gli è concesso, non in questa vita, non in questo in tempo. Ed io, nel frattempo, non ho nulla da dire.
La linea è davvero sottile. Siamo responsabili di tutto. Siamo responsabili di niente. Siamo solo noi a giudicarlo. Di certo siamo responsabili della società che desideriamo costruire. Quella in cui vogliamo abitare. Quella in cui l’unica direzione possibile, per salvare il salvabile, per ricostruire sulle macerie, è l’amore universale.
Post Scriptum. Ringrazio Zerocalcare: ieri ho visto la tua serie. Mi hai colpito ovunque, soprattutto nel cuore. Credo che avessi bisogno di sentire la verità cruda in faccia. Come una sberla, come un pugno. La verità fa male. La verità fa bene.